16 febbraio 2008

LA BOLLA DEL 2000-2001.

NEW YORK È UN GIORNO COME TANTI ALTRI. Il miliardario Rockefeller si siede su una poltrona e si fa lucidare le scarpe. Il giovane lustrascarpe è euforico. «Lo sa signore – dice cominciando a spazzolare - sono appena stato in banca. Ho comprato mille azioni. Un mio parente mi ha assicurato che nel giro di alcuni giorni raddoppieranno il loro valore. Non è fantastico? Perché non ci prova anche lei?». Rockefeller mette mezzo dollaro nella mano del ragazzo, che non ha ancora finito il lavoro, e scappa in borsa a vendere tutti i suoi titoli.

Dopo poche settimane Wall Street crolla. Inizia la crisi del 1929, seguita dalla Grande Depressione. È un vecchio aneddoto di cui esistono molte versioni. Ma il messaggio è chiaro: quando anche l’uomo della strada parla di investimenti in borsa, molto probabilmente i mercati sono già sull’orlo di un collasso. Ed è ora di vendere. È successo anche nel 2000. Amici, parenti, carrozzieri e parrucchiere. Tutti a comprare azioni. La fase espansiva sembrava non finire mai. Poi il crollo inatteso e tre anni consecutivi di rendimenti sottozero. I guadagni di molti piccoli investitori si sono dissolti come una bolla di sapone alla prima bava di vento.
Tutti erano convinti che l'informatica ed internet erano il futuro. Un'opinione più che condivisibile, se non che ha portato a iper-valutare le aziende semplicemente perché avevano un sito internet o lavoravano con internet.


Stavano nascendo anche una serie di indicatori che calcolavano il "giusto" prezzo delle azioni in base al numero di visitatori che aveva il sito dell'azienda. Il problema però è che magari alcune aziende avevano siti con migliaia e migliaia di visitatori al giorno, ma non guadagnavano nulla. Soprattutto, non avevano la più pallida idea di come guadagnare, mancando totalmente un "modello di business" (a quel tempo era anche molto poco diffusa la pubblicità su Internet, che oggi permette almeno stime da questo punto di vista). Ovviamente, una situazione del genere non era sostenibile, e alla fine, quando si è diffusa la convinzione che la maggior parte delle aziende non avevano un business sostenibile, i titoli sono crollati. Il NASDAQ ha perso quasi l'80% da marzo 2000 a ottobre 2002.

Molto interessante il modo in cui Buffett descrive la situazione che si era creata: era come un party infernale, del quale gli investitori odiavano perdere anche solo un singolo minuto. Inoltre, tutti questi frivoli partecipanti avevano pianificato di andarsene giusto un minuto prima di mezzanotte. Tuttavia c’era un problema: stavano danzando in una stanza dove gli orologi non avevano le lancette.
Era come se esistesse un virus, che aveva pervaso tutti gli investitori, professionali e non, che portava ad allucinazioni nelle quali il valore delle azioni di certi settori diventava decuplicato rispetto al valore del business sottostante.
Sui mercati, per ogni bolla che si crea c’è sempre un ago in attesa. Quando i due elementi si incontrano, le nuove ondate di investitori imparano alcune vecchie lezioni, delle quali la principale è che la speculazione è tanto più pericolosa quanto più sembra facile.


1 commento:

Unknown ha detto...

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