16 febbraio 2008

LA CRISI DELLE TIGRI ASIATICHE 1997-1998.



Negli ultimi tre decenni molti paesi dell’Asia orientale hanno realizzato uno sviluppo economico assai rapido e sostenuto, con tassi di crescita del proprio PIL quasi doppi rispetto a quelli dei paesi industrializzati e tre volte maggiori rispetto a quelli dell’America Latina.

Questa crescita si è concentrata in particolare in alcuni paesi del Sud-Est asiatico (Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong e Singapore, ed in seguito Indonesia, Malaysia, Thailandia e Filippine), il cui sviluppo è stato caratterizzato da un’elevata crescita della produzione nazionale, da una di distribuzione del reddito relativamente ampia, da un aumento del livello di benessere generale, ed infine da una relativa stabilità macroeconomica, che ha riguardato fino al 1996 sia i tassi di cambio delle valute asiatiche, sia deficit pubblico relativamente contenuti.

Le sorprendenti performance di questi paesi hanno ispirato una vasta letteratura, che non ha esitato a parlato di “miracolo asiatico” e attribuendo a questi paesi la denominazione di “tigri asiatiche”. Vari studiosi ne hanno tratto un modello da seguire, generando quella che Dahrendorf ha chiamato una “nouvelle vague”, presente sia nei paesi occidentali che nei paesi in via di sviluppo, attratta da un modello che concilia la crescita economica con la stabilità sociale e l’autoritarismo politico. Ne è nato dunque un mito che, insieme ai consensi, ha suscitato anche paure e preoccupazioni, soprattutto da parte di chi temeva la perdita della supremazia economica dei paesi occidentali e lo spostamento del centro di gravità dell’economia mondiale verso il Pacifico.

Sulle cause del “miracolo” asiatico tuttavia non c’è un consenso unanime. Alla metà degli anni ‘90, è nato un dibattito, non ancora sopito, tra chi, come Krugman, sosteneva che lo sviluppo asiatico era dovuto principalmente ad un uso intensivo degli input, piuttosto che ad un aumento della produttività, e che fosse dunque destinato a far registrare tassi di crescita sempre più ridotti nel tempo, e chi invece sottolineava il ruolo della produttività e legava il declino dei tassi di crescita a cause cicliche o congiunturali.

All’inizio dell’estate del 1997 la Thailandia è stata investita da una forte crisi della propria valuta sul mercato dei cambi che si è propagata con rapidità alle altre economie della regione del Sud-Est asiatico. La crisi che ne è derivata ha dato luogo ad uno degli eventi economici più drammatici degli anni 90. Essa ha posto fine ad una lunga stagione di crescita della regione e ha generato effetti negativi significativi sull’intera economia mondiale.

Sulle cause di questa crisi non c’è ancora un consenso consolidato tra gli studiosi che l’hanno analizzata. Alcuni hanno sottolineato l’incidenza della bolla finanziaria, caratterizzata dall’eccesso di fiducia e di investimenti, avvenuto in un contesto di rendimenti decrescenti, o hanno posto l’accento sull’insufficiente regolamentazione e trasparenza dei settori bancari delle “tigri”. Altri invece hanno dato rilievo al surriscaldamento delle economie asiatiche, che ha generato squilibri macroeconomici, in un contesto di eccessiva rigidità e regolamentazione. Secondo altri ancora alla base delle turbolenze vi erano dei fondamentali poco solidi (tra cui l’eccessivo apprezzamento delle valute, l’elevato deficit di parte corrente, un ingente debito estero a breve termine e la debolezza dei sistemi finanziari interni).

Questa crisi si colloca in un periodo particolare, gli anni ’90, che ha visto un susseguirsi incalzante di crisi valutarie e finanziarie, che hanno coinvolto alcuni paesi europei (1992-1993), il Messico (1994-95), e, più di recente, Russia e Brasile (1998-99). Nonostante alcune analogie con queste crisi, quella asiatica si distingue, oltre che per le cause che la hanno generata, per la sua estensione e per gli effetti di contagio. Questi sono stati tali da richiedere una delle più grandi mobilitazioni di risorse finanziarie della storia, quantificabile complessivamente in una cifra pari a 57 miliardi di dollari.

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